Screening per il tumore al seno
Screening per il tumore al seno
L’attuale screening mammografico per il tumore al seno ha dimostrato di avere evidenti benefici, ma è anche associato ad alcuni effetti collaterali. Il rapporto rischio/beneficio di questi effetti può variare a seconda del rischio di ogni partecipante di sviluppare un tumore al seno. È per questo che abbiamo creato MyPeBS, con l’obiettivo di confrontare rischi e benefici delle due strategie: l’attuale strategia in uso (mammografia per tutte le donne a partire da una certa età) rispetto ad una strategia basata sul rischio (mammografie a intervalli di tempo diversi in base al rischio individuale + eventuale RMT se necessaria).
Il tumore al seno: un enorme problema di salute in tutto il mondo
Il cancro al seno rimane una patologia potenzialmente letale. Infatti, tra il 20 e il 25% delle donne che sviluppano il tumore al seno morirà a causa dello sviluppo di metastasi. Il rischio di metastasi e la prognosi generale sono legati sia alla biologia del tumore che al momento della diagnosi.
Sebbene a volte siano possibili tempi di sopravvivenza molto lunghi, il carcinoma mammario metastatico rimane una malattia incurabile.
Vi è quindi una grande necessità di prevenzione, che comprende la diagnosi precoce (associata a una migliore prognosi, minori necessità di trattamenti, minore morbilità delle terapie e minori costi) attraverso la prevenzione secondaria, ma anche, ovviamente, la prevenzione primaria.
60 milioni
di abitanti
50.000
nuovi casi all’anno
12.700
morti all’anno
Le attuali regole di screening per il cancro al seno: benefici noti
Ad eccezione delle pazienti molto rare con altissimo rischio, l’età è attualmente l’unico criterio per iniziare lo screening. A seconda del Paese, vengono offerte mammografie ogni 1-3 anni, a partire dai 40-50 anni fino ai 69-74 anni.
Negli ultimi 10 anni sono state pubblicate diverse rivalutazioni dei benefici associati allo screening mammografico negli studi randomizzati con interpretazione variabile dei dati. Infatti, le metodologie degli studi sono in qualche modo eterogenee, e la maggior parte degli studi risalgono a momenti in cui l’incidenza e le terapie erano molto diverse. Nel 2011, il pannello indipendente del Regno Unito ha stimato che il beneficio dello screening mammografico a partire dall’età di 50 anni è dell’ordine di una morte per cancro al seno prevenuta su 250 donne invitate.
Il rapporto benefici e rischi-benefici dello screening mammografico tra i 40 e i 50 anni è dubbio e ogni Paese ha attualmente una propria politica. È stato inoltre dimostrato che lo screening mammografico riduce il numero di tumori di stadio 2 e superiori diagnosticati in donne di età superiore ai 50 anni.
L’attuale screening per il tumore al seno mediante mammografia: danni e debolezze
- La sensibilità della mammografia biennale (e ancor più se triennale, ad esempio nel Regno Unito) non è ottimale: 1-2 (o più per il Regno Unito) casi di tumori al seno ogni 1.000 donne esaminate sono tumori sviluppati durante l’intervallo. Ciò significa che tra il 16 e il 35% dei tumori sono tumori sviluppati durante l’intervallo, a seconda dell’intervallo di screening. Inoltre, circa un quarto dei tumori che si verificano in donne sottoposte a screening regolare è comunque diagnosticato allo stadio 2 o superiore.
- Una piccola percentuale di mammografie di screening porta a controlli aggiuntivi o biopsie per un’immagine che si rivela alla fine benigna: questi risultati “falsi positivi”, secondo le stime, riguardano il 3-14% di tutte le mammografie, causando inutili ansie nelle pazienti.
- Un’altra critica è la sovradiagnosi (diagnosi tramite screening di un tumore che non sarebbe diventato clinicamente evidente senza lo screening) che è stimata in media nel 10% di tutti i tumori rilevati durante screening (le stime sono molto variabili; vanno dall’1% al 30%, a seconda della popolazione e dei metodi di stima), il che porta ad un trattamento eccessivo.
- Lo screening mammografico è associato ad un rischio di tumore al seno causato dalle radiazioni. Il rischio appare estremamente basso (circa 1 donna su 1.000 sottoposte a screening per 30 anni) rispetto ai benefici della diagnosi precoce, e le dosi di radiazioni somministrate sono ora monitorate molto attentamente.
Cambiare la tempistica può essere positivo
Per tutte queste ragioni, si prevede che lo screening basato sul rischio non sarà inferiore e sarà, anzi, potenzialmente superiore allo screening standard basato sull’età:
Nei soggetti a basso rischio, il rapporto rischi-benefici dovrebbe essere guidato da una diminuzione del danno in termini di risultati falsi positivi, sovradiagnosi e tumori radio-indotti, mentre l’efficacia non dovrebbe essere ridotta con l’esecuzione di screening con minore frequenza. Tuttavia, il basso rischio non significa che il rischio sia nullo, e le misure di precauzione adatte (autopalpazione, ecc.) dovrebbero essere rese più rigide.
“Medicina 4P” e relativa applicazione allo screening per il tumore al seno
Fattori di rischio per il tumore al seno
L’esplorazione e la descrizione dei rischi associati al cancro al seno attraverso ampie coorti retrospettive e prospettiche hanno permesso di ottenere una quantità molto elevata di dati sui potenziali fattori di rischio individuali di cancro al seno.
Sono stati identificati diversi fattori di rischio di cancro al seno, tra cui la storia familiare, l’esposizione a ormoni, la storia riproduttiva e lo stile di vita.
I fattori di rischio non genetici di tumore al seno includono fattori ormonali (ad es. uso di terapia ormonale sostitutiva, contraccezione orale), fattori riproduttivi (ad es. età della prima gravidanza, allattamento, età del menarca, età della menopausa) e fattori riguardanti lo stile di vita (ad es. obesità, attività fisica, consumo di alcol).
Nel complesso, ad eccezione della vera predisposizione genetica, ognuno di questi fattori da solo ha un impatto limitato, con rischi relativi compresi tra 1,1 (fattori riproduttivi) e 3.
Inoltre, nel corso degli ultimi 20 anni la densità mammaria è stata esplorata e confermata da molti studi come un importante fattore di rischio di cancro al seno, insieme ma indipendentemente da un suo altro effetto (effetto di mascheramento): la densità è infatti al momento considerata come un indicatore che riassume / può essere utilizzato come marcatore surrogato sia del background genetico di una donna, sia delle esposizioni esogene a ormoni o altri modificatori di rischio.
Modelli di valutazione del rischio di tumore al seno
Questi modelli di rischio di tumore al seno possono essere suddivisi tra quelli che utilizzano principalmente fattori ormonali e ambientali e quelli che si concentrano maggiormente sul rischio ereditario. Sono stati sviluppati modelli specifici per le popolazioni ad alto rischio dovuto alla familiarità, i quali sono in grado di prevedere la probabilità di una mutazione germinale e il rischio individuale di cancro al seno di una donna in questo contesto: essi includono i modelli di Claus esteso e, più recentemente, BRCAPRO e Bodicea. Questi modelli, tuttavia, non sono adatti alla popolazione generale e sono stati sviluppati per prevedere le mutazioni BRCA1/2, ma possono essere meno rilevanti per altre alterazioni della linea germinale.
I recenti modelli di rischio di tumore al seno si basano su coorti di screening e integrano la densità mammografica del seno come fattore di rischio. Questa aggiunta ha leggermente aumentato l’accuratezza dei modelli nel discriminare tra le donne che si ammalano e quelle che non si ammalano di cancro al seno, con statistiche di concordanza (c-statistica) di circa 0,65 rispetto a 0,58 per i modelli che non includono la densità.
Un punto fondamentale è l’utilizzo di modelli convalidati a livello internazionale, e tutti e tre questi punteggi/modelli sono attualmente in corso di convalida esterna. I team coinvolti in MyPeBS hanno esperienza con due importanti modelli di valutazione del rischio di cancro al seno, recentemente aggiornati e rispettati:
- Il modello americano BCSC è stato validato nella coorte clinica Mayo e, più recentemente, nelle popolazioni francesi di screening mammografico generale (dopo l’adeguamento dell’incidenza nazionale, c-statistica 0,61, E/0 1,005) e può essere utilizzato come tale.
- Il modello Tyrer-Cuzick è stato ampiamente descritto sia nelle popolazioni generali che nelle cliniche familiari ad alto rischio, e tra le popolazioni di studi clinici (IBIS1). Ha particolare rilevanza per le donne con una storia familiare: la sua accuratezza è media nella popolazione generale (c-statistica tra 0,57-0,60), mentre è molto elevata nelle popolazioni con rischio familiare (c-statistica fino a 0,70).
La genotipizzazione permette di effettuare una stima del rischio di cancro al seno
Oltre ai precedenti fattori di rischio clinico e alla loro somma per formare punteggi, enormi sforzi internazionali (in Europa e Nord America) hanno portato, attraverso i progressi nel campo della tecnologia genomica, all’identificazione di oltre centocinquanta polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) comuni e validati, associati al rischio di cancro al seno.
Questi SNP prevedono sia il tumore al seno invasivo in generale nella maggior parte dei casi e/o per il rischio di recettori ormonali negativi, o il rischio di morte per tumore al seno. Molti SNP hanno un impatto minimo, quelli descritti all’inizio hanno l’impatto più alto (rischio totale 1,01-1,30).
L’importanza dei polimorfismi a singolo nucleotide nella previsione del rischio di cancro, rispetto ad altri fattori di rischio di cancro al seno, in particolare la densità mammografica, la storia riproduttiva e lo stile di vita, è ora stata provata. Le combinazioni di modelli di rischio che includono le variabili classiche + densità mammografica + punteggio SNP (ovvero un punteggio di rischio basato sul polimorfismo = PRS) sono utilizzate per stimare con maggiore precisione il rischio della popolazione, affinando i gruppi ad alto e basso rischio, come avviene in MyPeBS.